Giurisprudenza

Mansioni superiori

#2847 — 2009-05-08

Lo svolgimento di mansioni superiori non da diritto ad un aumento della retribuzione.
A stabilirlo è stato il Consiglio di Stato con decisione numero 2847 dell’8 maggio 2009.
Il caso in esame riguardava un dipendente dell’INPS, prima inquadrato nella qualifica di “esperto di gestione” e poi in quella di “ispettore generale”, e che chiedeva il riconoscimento dell’inquadramento nella superiore qualifica di dirigente, in virtù di apposito incarico formale che aveva ricoperto in posti vacanti di primo dirigente. Lo stesso chiedeva, qualora il T.A.R. non avesse accolto la richiesta di inquadramento, di ricevere adeguata retribuzione, pari alla differenza di somme spettanti per la mansione effettivamente espletata e la qualifica formalmente rivestita. Il T.A.R. Veneto accoglieva tale ultima richiesta formulata dal ricorrente. L’ Inps promuoveva appello al Consiglio di Stato, che lo accoglieva. Il riconoscimento della maggiorazione retributiva era stato giustificato in virtù del principio enunciato nella nostra Costituzione all’art. 36, in base al quale “il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto”, nonché dell’art. 2126 codice civile a norma del quale se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del lavoratore, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.
Il T.A.R., richiamando una consolidata giurisprudenza amministrativa a sostegno della propria tesi, ha invece ritenuto non applicabili le due norme ora richiamate. L’art. 36 della Costituzione non viene riconosciuto come norma direttamente applicabile nel settore del pubblico impiego, e l’art. 2126 del codice civile oltre a non dare rilievo alle mansioni svolte in difformità del titolo riguarda un fenomeno del tutto diverso, cioè il diritto alla retribuzione nei confronti di chi abbia lavorato sulla base di un atto nullo o annullato. Infatti, nel settore del pubblico impiego, in assenza di espresse previsioni normative che permettano al lavoratore di svolgere una mansione diversa da quella alla quale è addetto, vige il principio di irrilevanza delle mansioni superiori svolte, sia i fini dell’inquadramento che della corresponsione della retribuzione.

Dott.ssa Valentina Macor, collaboratrice di studio.

Argomento: Lavoro

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